Inflazione e crisi delle materie prime rappresentano gli spettri negativo dello scenario economico a livello globale. Caro carburante e crisi delle materie prime stanno impattando negativamente sulle tasche dei consumatori di tutto il mondo e stanno erodendo sempre di più i margini (mark-up) delle aziende. Si stima che gli aumenti dei prezzi comporteranno un esborso di importo compreso tra i 500 ed i 1.000 euro a famiglia. Scopriamo quali sono le cause degli aumenti dei prezzi delle materie prime e quali possibili impatti sulle tasche delle famiglie e delle imprese.

 

Crisi materie prime: quali sono le cause?

Sono numerosi i fattori determinanti che impattano sulla crisi delle commodities. Dopo il blocco delle attività durante il lockdown si è verificata la ripresa della produzione mondiale, trainata dalle economie emergenti e dei “giganti” mondiali.

Le catene produttive globali non sono riuscite a riorganizzarsi dopo lo shock Covid-19. Inoltre, le difficoltà nella logistica delle merci, il caro carburante, l’aumento dei costi di trasporto e i tempi di consegna dei fornitori più dilatati si intrecciano con la ricorsa alla ricostituzione degli stock di materie prime da parte dei “Big” delle economie mondiali.

In particolare, il Governo di Pechino, subito dopo il cambiamento di politica monetaria della FED di fine marzo, ha accelerato la corsa all’approvvigionamento degli stock di materie prime.

I Governi dei Paesi Emergenti hanno implementato un’aggressiva strategia di ricostituzione delle scorte alimentari. Altro fattore determinante che impatta sul rialzo delle materie prime è il meteo.

L’offerta delle materie prime, tra cui il grano, il riso e il mais, sta subendo un processo di razionamento a causa del raffreddamento della temperatura delle acque dell’Oceano Pacifico centrale e orientale.

La siccità ha colpito i raccolti in tutto il mondo, specialmente nel Sud America. Anche il costo del trasporto delle merci via mare ha subito un’impennata di oltre 500 punti percentuali.

 

Crisi Prezzo Grano: a breve si assisterà ad un’impennata

In breve tempo il costo del grano duro è passato dai 250 euro a tonnellata a 500 euro. Coldiretti annuncia un “inverno rovente”: il costo del grano e degli alimenti derivati dal grano potrebbe essere 12 volte superiore a quello attuale.

Anche a causa della crisi climatica la produzione di grano subirà un calo di oltre dieci punti percentuali, che si ripercuoterà sul prezzo della pasta, del pane e di tutti i prodotti cerealicoli.

“Tra marzo e maggio non avremo abbastanza grano per fare la pasta. Il cuore del problema è in Canada, che è il primo produttore al mondo di grano duro e che quest’anno ha prodotto 3,5 milioni di tonnellate anziché le solite 6,5”,

sottolinea Giuseppe Ferro, amministratore delegato del gruppo “La Molisana”, importante impresa di pasta in Italia.

Data la carenza della materia prima e le avverse condizioni meteorologiche ci saranno rincari generalizzati sui prezzi del grano duro e dei prodotti derivati.

Ad esempio, il retailer tedesco dei discount Lidl ha aumentato il prezzo della pasta di 10 centesimi a pacco e potrebbe raggiungere i 25 centesimi entro la fine dell’anno 2021.

Prosegue la galoppata dei prezzi del grano e del frumento che hanno raggiunto quota pari a 540 euro a tonnellata. Ancora più marcata è la crescita dei prezzi del grano di importazione che eccede i 600 euro a tonnellata.

“Le previsioni indicano una diminuzione dei raccolti per almeno 12,5 milioni di tonnellate (grano duro e tenero)”,

sottolinea un articolo di GIFT.

C’è una riduzione della produzione del grano duro e del grano tenero con conseguenti problemi sull’industria dolciaria.

 

Crisi materie prime: l’impatto sui mercati borsistici

Il rally dei prezzi delle materie prime e l’acuirsi della spirale inflattiva potrebbero far chiudere i rubinetti del credito alle banche. Ciò potrebbe cagionare un cambiamento del clima positivo delle Borse.

Anche la Cina e l’Europa stanno vivendo problemi di crescita sulla scia dei problemi della catena di approvvigionamento.

Il Governo di Pechino ha riferito che il PIL del terzo trimestre è cresciuto di un deludente 4,9% rispetto al trimestre precedente, poiché l’attività industriale è aumentata meno del previsto a settembre con problemi di catena di approvvigionamento che contribuiscono al rallentamento dell’attività.

“Il settore manifatturiero è stato duramente colpito dalle interruzioni della catena di approvvigionamento a causa del Covid, poiché alcune operazioni portuali sono state colpite nel terzo trimestre del 2021 e la carenza di chip è continuata nel trimestre”,

ha osservato Iris Pang, capo economista della Grande Cina presso ING.

Ha sottolineato che

le interruzioni della catena di approvvigionamento dovrebbero durare poiché le tariffe di trasporto sono ancora elevate e la carenza di chip è ancora un problema critico per settori come apparecchiature, automobili e dispositivi di telecomunicazione“.

Gli esperti osservano che i guadagni stanno già iniziando a mostrare l’impatto della crisi della catena di approvvigionamento.

Kristina Hooper, chief global market strategist di Invesco, ha osservato la scorsa settimana che

“i timori della supply chain stanno fermentando”

con un certo numero di società statunitensi che segnalano avvertimenti sull’aumento dei costi legati alle interruzioni della supply chain e potenzialmente a guadagni inferiori.

Hooper crede che alcuni dei fattori che contribuiscono ai problemi della catena di approvvigionamento, come la carenza di manodopera, saranno risolti prima di altri.

“Tuttavia, alcune aziende saranno molto più colpite di altre. … Un aumento dei costi avrà generalmente il maggiore impatto sulle società a basso margine, che tendono a trovarsi in settori come i trasporti, la vendita al dettaglio generale, l’edilizia e le automobili. Le aziende che dovrebbero essere meno colpite sono quelle con ampi margini di profitto, costi limitati delle materie prime e una piccola forza lavoro. Ciò dovrebbe includere settori in crescita come la tecnologia e l’assistenza sanitaria”,

ha affermato, aggiungendo che

“sfortunatamente, i prezzi delle azioni di quei settori potrebbero temporaneamente soffrire con l’aumento dei rendimenti obbligazionari”.